Tra gli obblighi dell'amministratore di condominio, sia nella previgente disciplina, che in quella attuale, vi è quello di redigere il rendiconto annuale che, ai sensi del novellato art. 1130 Cc, deve essere approvato dall'assemblea, appositamente convocata entro centottanta giorni.Tale omissione può portare alla revoca giudiziale dell'amministratore, siccome espressamente ritenuta "grave irregolarità", tanto è vero che l'art. 1129 Cc, intitolato <<Nomina, revoca ed obblighi dell'amministratore>>, al 12° comma, n. 1), ritiene che: <<Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità: 1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale ….>>. 

Ciò posto, qualora penda un provvedimento giudiziale di revoca, le delibere di approvazione tardiva dei rendiconti, eventualmente adottate nelle more di detto procedimento, non valgono a sanare l'inadempimento dell'amministratore che ha tra i suoi precipui compiti, quello di rendere il conto della sua gestione.Della questione si è occupata incidentalmente la Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 28764, pubblicata in data 30 novembre 2017 (sotto allegata).

La vicenda

La stessa è stata adita dall'amministratore il quale era stato revocato, su ricorso di un condomino, dal Tribunale di Napoli, con decreto confermato in sede di reclamo dalla Corte d'Appello partenopea.

Quest'ultima, infatti, <<ha ritenuto, per un verso, che le delibere adottate dall'assemblea condominiale in pendenza del procedimento (vale a dire l'approvazione dei rendiconti 2010, 2011, 2012 e 2013 e la sua conferma nella carica di amministratore del condominio) non abbiano eliso l'interesse del …. alla richiesta pronuncia di revoca ("la circostanza che ... l'amministratore abbia presentato i rendiconti 2010, 2011 2012 e 2013 e che l'assemblea li abbia approvati non vale ... a sanare l'inadempimento: i rendiconti relativi agli anni 2010, 2011 e 2012 sono stati presentati con notevole ritardo ... sicché non può dubitarsi che l'amministratore ha violato uno dei suoi obblighi primari, che è quello di rendere il conto della sua gestione "alla fine di ciascun anno" (secondo l'originaria formulazione dell'art. 1130 ult. co . c.c) ovvero, secondo il nuovo dettato dell'art. 1130 ult. co . c.c., di redigere il rendiconto condominiale "annuale" della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni"; né - ha aggiunto la corte - può rilevare la conferma dell'avv. …. nella carica di amministratore del condominio, decisa dall'assemblea con delibera del 10/3/2014, posto che, a norma dell'art. 1129, comma 13°, c.c., nel testo successivo alla riforma di cui alla I. n. 220 del 2012, "in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato", "sicché, diversamente da quanto previsto dalla precedente disciplina, l'assemblea non è libera di nominare nuovamente l'amministratore resosi inadempiente e revocato con provvedimento dell'autorità giudiziaria": il reclamato, quindi, ha concluso la corte, "ha uno specifico interesse ad ottenere il provvedimento giudiziale di revoca perché potrebbe far valere l'illegittimità della nomina dell'avv. …, impugnando la relativa delibera") e, per altro verso, che le giustificazione addotte dalla reclamante (e cioè che il ….., con la sua attività ostruzionistica e defatigante, avrebbe contribuito a ritardare la presentazione dei rendiconti) sono risultate generiche e, soprattutto, non hanno consentito "di evincere il nesso causale tra la condotta del., reclamato ed il ritardo nella presentazione dei rendiconti">>.

 Inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di revoca dell'amministratore

La Suprema Corte, con l'ordinanza oggi in commento, ha da un lato confermato il costante orientamento per il quale risulta inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di revoca dell'amministratore che, come è noto, è suscettibile di impugnativa solo nella parte relativa alla statuizione sulle spese del giudizio di revoca e, sullo specifico punto, pure sollevato in ricorso, la Corte conferma che <<in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d'appello, nel caso di rigetto del gravame, non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado>>.

Ciò posto, il ricorso è rigettato con condanna della ricorrente al rimborso al controricorrente delle spese di lite.

La ratio del procedimento di revoca - rientrante tra i procedimenti di volontaria giurisdizione - è quella di <<assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore>>.

Pertanto, non è ammissibile la partecipazione al giudizio del condominio o degli altri condòmini, risultando unico legittimato a contraddire l'amministratore personalmente.

Il procedimento risulta essere deformalizzato, rivestendo i caratteri della <<rapidità ed ufficiosità>> e la decisione deve essere assunta <<sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente>>, ai sensi dell'art. 64, comma 1, disp. att., Cc.

Il provvedimento adottato dal Tribunale è reclamabile dinnanzi la Corte d'Appello, nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione, ai sensi dell'art. 64, comma 2, disp. att, Cc., ma avverso tale ultimo provvedimento - che assume la forma del decreto - risulta pacificamente inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., considerata la natura del provvedimento di volontaria giurisdizione.

Tuttavia, <<tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo>> (Cass. n. 15706/2017; Cass. n. 9348/2017; Cass. n. 8283/2017; Cass. n. 2986/2012; Cass. n. 14524/2011; Cass. Sez. U, n. 20957/2004).

Interessante comunque evidenziare come <<il provvedimento del tribunale non riveste alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena (pur non ponendosi questo come un riesame del decreto>>(Cass. n. 15706/2017; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957; Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524).

Fonte: www.studiocataldi.it