È imprescindibile l'esame della contabilità dello stabile, nell'accertamento di un'eventuale responsabilità dell'amministratore di condomino. È quanto deciso dal Tribunale di Milano, con la sentenza del 21 marzo 2017 , che ha revocato il decreto ingiuntivo con il quale era stato contestato a un amministratore il prelievo ingiustificato di somme dal conto corrente condominiale. Per controllare l'esistenza di un credito a carico dell'amministratore verso i condomini, infatti, è necessario verificare la corrispondenza tra “le somme corrisposte dai condomini e i debiti del condominio verso i fornitori”. 

È noto come l'amministratore, nello svolgimento delle attività disposte dall'articolo 1130 del Codice civile, abbia fra i suoi obblighi anche quello di incassare le rate condominiali e pagare i fornitori per i servizi necessari allo stabile, servendosi di uno specifico conto corrente condominiale, previsto dall'articolo 1129, comma 7, del Codice civile. L'esistenza del conto è quindi finalizzata a evitare “confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il conto personale dell'amministratore o eventualmente quello di altri differenti condomini, da lui amministrati” (Cassazione, sentenza 7162/2012). La legge, fra le altre cose, prevede che ciascun condomino, in qualsiasi momento, possa prendere visione del conto ed estrarre copia della rendicontazione. Come precisato più volte anche dai giudici di merito, la predisposizione del conto è necessaria per garantire la “tutela del diritto di ciascun condomino a verificare la destinazione dei propri esborsi, a prescindere dall'effettiva e concreta destinazione delle somme medesime, dalla mancanza di irregolarità di gestione dei fondi, dall'approvazione dei rendiconti da parte dell'assemblea”(Tribunale Salerno, 3 maggio 2011). Nel caso in esame, pur avendo il Tribunale riscontrato una “non corretta gestione della contabilità condominiale, con commistione continua tra la contabilità condominiale e quella privata dell'amministratore e con passaggi di denaro dai conti correnti dell'uno a quelli dell'altro”, l'amministratore è stato in grado di giustificare come le somme prelevate dal conto corrente condominiale fossero delle forme di rimborsi di spese effettuate per servizi resi a favore del condominio e preventivamente sostenute con i suoi stessi soldi. Allo stesso tempo, i giudici milanesi hanno verificato come il condominio non abbia riportato la documentazione necessaria ad accertare le ragioni a fondamento del credito, come la rendicontazione di gestione. Per il riconoscimento della prova del credito, infatti, non è sufficiente la sola “dimostrazione dei prelievi effettuati dagli amministratori operati sul conto corrente condominiale”, dal momento che ciò potrà essere confermato solo attraverso un approfondito esame della contabilità del condomino. Provando l'assoluta equivalenza tra i versamenti al conto condominiale e i prelievi da lui effettuati per pagare i servizi necessari alla gestione condominiale, l'amministratore ha dato prova certa dell'inesistenza del suo debito verso i condomini. Non solo. Per i periodi successivi a quelli contestati, ha anche dimostrato come i versamenti effettuati a favore del condominio abbiano superato i rimborsi incassati e come si sia ugualmente limitato a non pretendere ulteriori somme da parte degli stessi. Per questi motivi, il tribunale ha revocato definitivamente il decreto ingiuntivo, che avrebbe condannato l'amministratore al pagamento della somma contestata.


Fonte: Il Sole24ore