Per come si evince dall'art. 1130 c.c., l'amministratore è l'organo di gestione e rappresentanza del condominio, vale a dire quella figura professionale che, in virtù di un contratto di mandato, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici nell'interesse del condominio. Con la formulazione del nuovo art. 71 disp. att. Cc, il legislatore ha stabilito che per ricoprire siffatto incarico occorrono dei requisiti che, se pur minimi, risultano comunque indispensabili, tanto è vero che:

"Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile. Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi…". La norma, tra le altre novità, riconosce la possibilità per le persone giuridiche di amministrare un condominio, nel qual caso, i requisiti previsti dal medesimo articolo, devono essere posseduti sia dagli amministratori della società che dai soci illimitatamente responsabili, ma anche dai dipendenti della stessa, qualora siano chiamati in prima persona a svolgere l'incarico di amministratore. Quando ad amministrare il condominio è una persona giuridica, ci si pone il problema se l'avviso di convocazione dell'assemblea debba necessariamente essere sottoscritto dalla persona fisica che materialmente amministra il condominio ovvero anche un socio o un dipendente della società. A tale domanda fornisce risposta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 335, pubblicata in data 10 gennaio 2017 (qui sotto allegata) che, sebbene resa ante riforma, appare applicabile anche nella vigenza della nuova normativa. L'occasione per occuparsi della questione viene fornita dall'impugnativa della delibera assembleare avanzata da una condomina, la quale lamentava, tra l'altro, l'invalidità dell'avviso di convocazione dell'assemblea, siccome sottoscritto da persona diversa dall'amministratore e, nello specifico, dal socio accomandante della società in accomandata semplice che all'epoca dei fatti gestiva l'immobile, e non dal socio accomandatario che, in quanto tale, era il socio illimitatamente responsabile. La domanda venina respinta in primo grado ma, sul gravame proposto dalla condomina, la Corte di Appello di Trieste, in riforma della sentenza, annullava la delibera impugnata atteso che la convocazione dell'assemblea condominiale proveniva da soggetto non legittimato, siccome sottoscritta da persona che non aveva la legale rappresentanza della società. La condomina, pertanto, adiva la Suprema Corte, ritenendo violato l'articolo 66 disp. att. c.c., reputando che la corte territoriale fosse incorsa in errore nel ritenere che la convocazione dell'assemblea condominiale dovesse necessariamente essere sottoscritta dall'amministratore in persona. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, sia pure sulla scorta di considerazioni in parte differenti rispetto a quelle prospettate dalla ricorrente. Premette la stessa che non risulta condivisibile l'assunto per cui si debba escludere a priori che l'avviso di convocazione per il solo fatto che risulti firmato dal socio accomandante, invece che dal socio accomandatario, provenga da un soggetto non legittimato. Ed invero, nel caso di specie, amministratrice del condominio risultava una società in accomandita semplice, per cui, "in linea di diritto, all'accomandante è consentito il compimento di atti di amministrazione e di operazioni gestorie, purché ciò avvenga nel quadro di un rapporto di subordinazione all'accomandatario o in base a procura speciale a lui rilasciata per singoli affari (Cass. 4824/86)". Nel caso concreto, è emerso come l'avviso di convocazione assembleare sia stato redatto su carta intestata della società, pertanto, il giudice di merito, a prescindere dal fatto che il sottoscrittore dell'avviso non era il legale rappresentate della società, "avrebbe dovuto valutare se dall'uso della carta intestata della società non emergesse che la persona fisica che aveva sottoscritto l'avviso avesse speso il nome della società amministratrice; cosicché a tale società andasse giuridicamente imputata la provenienza dell'avviso di convocazione secondo il meccanismo della rappresentanza volontaria". Pertanto, la causa viene rinviata alla medesima Corte di Appello, altra sezione, affinché la stessa verifichi l'imputabilità dell'avviso di convocazione alla società amministratrice dell'immobile.

Cass. civ., Sez. II, 10.01.2017, n. 335

Fonte: Studio Cataldi